Riflessione sulla terra

L’aria è cambiata, viene su il profumo dalla terra, dal composto compatto di piccoli prati, distilla colori, nettari, e ti chiedi dove abbia il cervello il fango che combutta con gli spruzzi acidi del cielo e qualche verme. Sommersa nel buio, sotto la superficie non s’agita come i mari, il fuoco e il gelo l’arricchiscono, si nutre anche di schifezze , è cieca, ha bocca buona per tutto, non rigetta nulla, assorbe, trasmuta con pazienza la decomposizione in frutti. Si lascia incastonare dalle fondamenta umane, come denti piantati su un paziente in coma, si lascia macellare, coibentare,cuocere, catramare. Nel deserto però si rende ingestibile depurata da ogni scoria di attecchimento, epurata dai sentimenti che non le appartengono, come un calcolo freddo di somme geometriche, in quelle lande le più piccole frammentazioni di quarzo diventano numeri sempre più fini e incalcolabili, rigettano il tempo, non lo fanno attecchire, la nascita e la morte sono ridotte al minimo, al suo apice si azzerano sulle dune, laggiù la terra si sposta con il vento, in totale anarchia, neutrale come i pianeti, non si attacca alle mani, scivola, non trattiene nulla al suo massimo splendore. Mi chiedo se esitano persone così, fatte di sabbia, talmente spirituali da sfuggire anche alle clessidre. Non avrebbero parole che emozionano, le farebbero scorrere, non aride, ma vitali a tal punto da essere vita che scorre tra la vita senza creare legami e polvere. Dove c’è profumo da qualche parte c’è anche dolore, un richiamo alla trasformazione, una continua esegi di forme e di prove mostruose. Ma ci deve essere un’ulteriore raffinazione della terra, passata al setaccio più fine, evoluta fino a diventare particelle, atomi, numeri che interagiscono velocemente e creano un mondo invisibile. Forse è quella la terra dei sogni, perché i sogni sono solo energia pronta a ricevere una informazione. Sono la creazione che aspetta di essere creata.

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