Io non so quanti batteri, o fermenti lattici vivi ci siano in un corpo,
mi mancano anche quelli, e sono miliardi
se penso a tutti quei globuli rossi e bianchi, alle tue piastrine
al disegno infinto e unico delle tue sinapsi,
alle tue cellule, e a quello che c’è dentro alle cellule.
Mi basta sapere che sono dei mattoncini
e tutto sommato sei anche una casa
con bel paramano rosa tenue e profumato
una casa calda, a volte umida, con tante finestre
e forse un piccolo zerbino di peli morbidi.
Sono sfrattato dalle tue ciglia,
dai tuoi dotti lacrimali, dalle tue ghiandole, dai tuoi intestini
da un mucchio di ossicini, dai tuoi denti
dalla tua lingua, dal tuo cavo orale
dalle tube di falloppio, dalle trombe di eustachio
dai tuoi timpani, dalle tue ovulazioni
dall’orchestrazione poetica dei tuoi movimenti
dalle tue corde vocali, e anche quelle mute.
Sei un concerto di sinfonie, in evoluzione,
mi mancano i tuoi tendini, i tuoi sbadigli.
Vorrei fare amicizia con le tue cellule adipose,
con la tua melanina, la sprizzi da tutti i pori, e i tuoi pori mi mancano
quanto i tuoi nei.
Mi manca quel rumore che fa la pancia quando ha fame,
e quel modo di digerire assieme, averti un po’ nello stomaco
in circolo in modo omeopatico, arriveresti ai polmoni, alle mani,
al cuore di ogni mia cellula.
L’amore ha un peso specifico
ed io ti vorrei lorda, con tutto il tuo peso
non netta, non priva di qualche otturazione
mi mancano quei sorrisi che fai all’improvviso
e sembra tutto senza peso, più luminoso
senza soluzione.

acquarello-andreagruccia