Month: aprile 2016

Bestia addomesticata

Le nostre mani potrebbero creare più felicità
sarebbe molto più semplice che in passato
in cui le mani e i corpi erano mangiati dai campi
o dalla costruzione di città, siamo alla pari dei nobili del passato
accarezziamo libri, consumiamo tastiere
siamo senza peste, senza fame,
il dolore è come una gigantesca bestia addomesticata
ogni tanto inghiotte qualcuno,
morsica ma rimaniamo in contatto
più o meno nella stesso dolore e nella stessa felicità
in passato c’era una separazione netta
ora c’è più ipocrisia, il ricco si nasconde nel povero
e viceversa, ma c’è chi il mostro lo disegna e lo scrive
o lo canta, lo moltiplica nei social fino ad annullarlo
e ho così tanta angoscia che ho paura di disturbarti
a dormire con te una sola notte.

certe tue cose smisurano

C’è un modo di amarsi affondandosi verso l’interno
un altro emanando verso l’esterno
come il discepolo che apre le braccia
nella Cena in Emmaus, le sue mani escono
dal quadro del tempo,
come i piccoli gesti smisurati
e smussati sempre più lievi
apri un varco in me,
mi vai a toccare in tutti i tempi
certe tue cose smisurano
nella misura in cui le colgo
a volte, mi sembra di averti sempre amato
e che l’intero universo ci ami,
cose passate sono solo richiami
al gesto sempre più compiuto
c’eri nella mia adolescenza
nel primo odore
il futuro è ancora l’inizio.

L’uomo con la testa televisore

L’uomo con la testa televisore, nacque già così, con un monitor catodico di cinque pollici, il suo primo pianto fu uno sfarfallio in bianco e nero.

-Vostro figlio è destinato a una vita di merda- Disse il pediatra ai genitori, con la mancanza di tatto che contraddistingue certi luminari.  La madre gli rise in faccia, con il bebè catodico tra le braccia.

-Ma non lo vede che ride? Che sta bene?-

– Un bambino ha bisogno di crescere con l’allattamento al seno, e non con frequenze elettromagnetiche!- Disse il Dottor Mangusta, mentre ascoltava il cuoricino di Ludovico con lo stetoscopio.

Ludovico crebbe come tutti i bambini, solo la testa divenne un televisore sempre più grande, era lui l’attrazione tra gli amici, e i ragazzini, passavano pomeriggi a cercare di capire il suo linguaggio fatto di puntini e di linee. Sapevano che una linea verticale e una luce pulsante nel centro, era il suo modo di sorridere. Ci volle un logopedista antennista, per insegnargli a parlare, e sul monitor comparvero le prime parole,  poi i pensieri, che non poteva nascondere. Come dei film offuscati.

Ludovico era un film muto e in bianco e nero. Al primo innamoramento fece comparire sullo schermo un fiore grigio. Quel giorno stava facendo i compiti con Rosa, lei scambiò quel fiore per un cielo stellato, e sorrise. Ludovico non riuscì a fermare l’impulso di toccarle le tette.

-Perché lo hai fatto?- sul monitor comparve la scritta –NON LO SO- Rosa era una quindicenne sveglia, prese la mano di Ludovico e se la ripose sul seno. Sul monitor –viso apparve un primo colore, un rosso che arrivava fino a metà, e poi giallo e in mezzo una linea bianca, sembrava un quadro di Rothko. Rosa baciò il monitor sull’angolino in basso a destra, e le sue labbra rimasero fisse in quel punto.

-Ma così tutti sapranno che ti ho baciato!- Disse Rosa.

-QUESTA SARA’ LA MIA BOCCA PER SEMPRE- ripose Ludovico, e le lettere si dissolsero nel monitor e rimase quella bocca nell’angolino, poi comparve l’immagine della tetta.

– Non farlo vedere a nessuno però!- La faccia di Ludovico divenne un cielo azzurro e rondini sproporzionate perché immaginate. Rosa lo baciò molte volte sulla sua nuova bocca. E negli anni a venire, Ludovico baciò altre donne con quelle labbra femminili. E soffrì per amore e dovettero sostituirgli diversi schermi, perché non potendo urlare, li distruggeva sbattendo la testa contro il muro. Studiò astrofisica, con una tesi di laurea che ipotizzava una diversa origine dell’universo. Il giorno della discussione della tesi, rimasero incantati a vedere la genesi dell’universo direttamente sul suo volto, un flusso di onde catodiche uscì dal monitor e divenne notte in tutta l’aula magna.

-Accendi la luce!- dissero.

La luce era sparita in tutto il mondo, quella teoria cambiò le leggi della fisica.

Quando tutto ritornò normale, nessuno, si ricordò più di nulla, come se quella testa di monitor non fosse mai esistita. I suoi genitori non ebbero mai un figlio con la testa catodica, soltanto Ludovico si ricordava di tutta quella storia, ma se lo diceva, lo prendevano per pazzo. Si limitò a rifare tutte le cose come aveva già fatto, ritoccò il seno di Rina, ristudiò astrofisica, si accorse di quel particolare, che aveva cambiato il mondo. Ci mise meno amore, cambiò un numero periodico, era meglio baciare le donne con due labbra vere, sentirne il calore, invecchiare con tutte le sue emozioni stampate sul viso, e non dentro un tubo catodico e soprattutto urlare quando aveva voglia di urlare un vaffanculo con tanto amore.

Un inferno leggero

La meditazione dice di affondare in profondità
con il respiro sempre più sprofondare
ma guardarti è meditazione e punizione
perché qualcosa non si zittisce
sono pieno di cose che non si zittiscono
se l’amore è una chitarra senza corde
suoni ricordi fino a quando ti scordi.
Mentre prendi accordi con imbecilli
che non valgono nemmeno una notte
cresce un inferno leggero, fatto di nulla.

Fessura

Non chiamarmi da luoghi accessibili
per poi svanire
se è prigione sia prigione
non dirmi che è facile innamorarsi
non a primavera
è così piccola la fessura tra la felicità e la malinconia
che quasi sono la stessa cosa.

alghe

Dentro al Po sono cresciute alghe di ogni verde

ne cambiano il colore, sembra che lo ripuliscano

così come le colline,

e gioventù che la ossigena

con i capelli lunghi come quelle alghe

o corti

o a zero

ed ogni tanto affiora  in città

è scalza e suona

o ha le scarpe

e tuona

piove, poi il sole

e le nuvole, l’ombra

mi viene da piangere

mi sento pieno di alghe

sembra mi ripuliscano

più ho voglia di amare

e più soffoco.

Cazzeggio troppo

Cazzeggio troppo
sono rimasto indietro
come se ci fosse un avanti
vado di fianco, non sono mai stato un capo branco
un capo sverso
mi vien da vomitare qualche verso
la poesia delle fragole mangiate in due
fragole grandi come cuori
tutto cresce così in fretta e io cazzeggio troppo
nel mondo milioni di fighe e di cazzi
pochi buoni libri
tante recensioni, buone occasioni
la depressione che ti mettono certe elucubrazioni
nelle poesie non si trovano le vie fredde
dicono che la bellezza ci salverà,
e invece ci ammazza perché ha vinto la bellezza
che mostra e non parla
si fanno pochi figli
forse era meglio non farli
per sgridarli e farli lavorare fino a settant’anni
ho come post-traumi da realtà
l’amico si lamenta che non scopa
l’amica si lamenta che scopa
perché non ha soldi e si prostituisce
Torino è una biosfera dell’Unesco
io non esco,
sono settant’anni che hanno liberato l’Italia
non è finita la guerra
prima nei bunker ci si sparava
ora ci si fa la coda,al posto del mitra una cravatta,
un mutuo di trent’anni per una casa
se non ti fanno fuori prima.

Non mi sono mai vestito per piacere

Ho due occhiali di merda

non mi frega un cazzo se tu pensi

-Guarda che occhiali di merda!-

Non mi sono mai vestito per piacere

mi sono svestito per il piacere

consumo i vestiti

prima che consumino me

camminerei nudo per strada

fosse per me potrei baciare sconosciute per strada

la morale ti taglia le braccia con il macete

non ho inventato io questo modo di vivere

questo  modo di vedere

non sono la causa del tuo modo di sentire

mi sono spaccato di rime noiose

i poeti che amo sono tutti morti

prima che nascessi

mi rifarei la faccia se potessi

non m’importa della faccia

non mi sono mai fatto massaggiare da cinesi

ho commesso piccoli reati

come rubare colore quando non avevo amore

per dipingere la freddezza delle farmaciste

l’arretratezza dei discorsi

letti nelle riviste nelle sale dei dottori

dei dentisti, dei parrucchieri

sei un numero che passa

se ti va bene te la cavi con il xanax

e un po’ d’acqua

c’è gente che legge libri senza fare pieghe

e poi ti piega con una parola

guarda quanto è cattiva

la gente quando si sente minacciata

quando chiedi di più di quel che vendono

bestemmiano senza bestemmiare

non si scompongono

dalle loro quattro sicurezze

è un’indecenza diventare vecchi

solo per diventare più stupidi

sono stufo della bellezza che si ripropone

come l’equocanone

tu ti fumi un cannone

la bellezza mi ha fatto il bidone

è più bello parlare con la pioggia

che con persone  davanti alle vetrate

alle  porte dei locali

noiose le cose da dire per passare le serate

è passata la morte da tempo

è diventato tutto deserto da tempo

la dolcezza va viziata

ti taglierebbero la testa i tipi dolci

prova a dire qualcosa di dolce a chi non devi

non lo sapevi?

non è la meditazione che fa meditare

al mattino resta un bicchiere

una spina per ogni birra alla spina

il silenzio ti inchioda

il silenzio è una guerra

una fucilata al giorno di silenzi fino a scomparire

sono risorto dai  no

dai si

da quelli che volevano che andasse così

da me stesso

nel cesso trovo più ristoro che nell’eccesso

sono diventati tutti a bravi a scrivere

 

per non sporcarsi le mani farebbero di tutto

anche insegnarti a vivere.

Sarebbe bello ci fossero le tue mani

I tuoi piedi, essere romantici è sempre più difficile.

Sono stralunato

Sono stralunato
Il giorno mi straluna
T’ho chiesto l’ora per vedere che occhi aveva quel collo
con i capelli tirati su
i colli si fanno osservare
e le orecchie, le spalle
sui sedili degli autobus
non cerco più bellezza
cerco pulizia e ordine
Il mio opposto.
Mi sento deragliato dalla luna
è passata come una palla da bowling
tra i birilli dei miei amori
a disfare il mio equilibrio
oltre l’amore, oltre
sono un birillo che gioca da solo
a ricomporre un gioco
senza più regole.

Vorrei in certe cose che leggo

Vorrei in certe cose che leggo
risalirne il percorso
come se le poesie fossero la deiezione
molto lontana dalla genesi iniziale
e allo stesso tempo l’inizio di un percorso inverso
a cui le parole hanno sottratto il compito di un gesto
vorrei ripercorrerne il corpo del tempo
non mi basta l’amore nelle fotografie e nelle parole.
Mi piacerebbe ritornare a quel corpo vivo
e farmi figlio, o amico o amante
sentire l’abbraccio di un saggio
la sicurezza nel suo odore.
Ma c’è uno sbarramento,
le parole per vivere devono morire
come le immagini, rimanere immutate nel tempo
emozioni salvate dalla vita
vorrei ritornare al movimento della mano
all’indecisione della scelta e della posa
e prima ancora che fosse parola o immagine
abbracciare chi non ho abbracciato abbastanza
o starmene in disparte
nella rassicurazione di qualcosa ancora da compiere
nell’illusione che non si compirà mai del tutto
il cambiamento successivo e inesorabile
che la foto venga mossa,
che manchi qualche parola al libro
che si deformi il tempo
che non si descriva più, lo si dimentichi
si entri nella sua pancia
si riprenda la sua arte
di fare scomparire la voce
alle cose che l’hanno immutato.