Osservarti senza occhiali
con tutta la miopia e l’astigmatismo
non distinguo bene il tuo volto,
sei una macchia d’amore che si dilata
e si avvicina verso di me
fino a coprirmi gli occhi
ti sento dentro con diecimila diottrie.
Month: gennaio 2016
seghe mentali sull’amore
Preferirà i dolci o le pizzette?
Più la doccia o la vasca da bagno?
Le piaceranno i temporali, anche se non vede l’ora che finiscono?
Le piacerà fare l’amore una volta sola
oppure continuare senza staccarsi del tutto
avere orgasmi senza cercarli troppo
e altri presi per il collo per fotterli al tempo
tra la musica che fanno i rubinetti
e quella che ti fa piangere e ridere
perché è impossibile smettere
anche se facciamo altro, lentamente
continuiamo a farlo mentre cadono le foglie
mentre mangiamo una pizza
o passano l’asfalto nel cortile,
affioriamo con la felicità dei funghi
facciamo l’amore
come erbacce, e con la vita che ama trasformarci
siamo costellazioni che si completano,
guardandoci negli occhi, affiniamo il profumo degli iris.
Il bondage dei ricordi
Nel verbo ricordare
c’è una corda, un cordare
ricorrente.
Siamo pieni di corde
scordiamo e ricordiamo
cosa c’è di più
bondage dei ricordi?
Ci si lega come biciclette ai pali.
Hai toccato corde profonde,
tocchi le mie corde
salta la corda, taglia la corda
Il cordone ombicale
Come si fa a stare bene con tutte queste corde in gola?
Le corde vocali, ti legano con le parole
hanno superpoteri
ci vogliono corde consonanti
per accordarci
Il cor dà forma alla corda
e noi ci accordiamo piano
forti o muti
e continuiamo a stonare

Evaine April 3, 2010
due
1
Ti ho fotografato sotto il ponte
l’acqua eri tu, giovane come foglie secche
appena cadute
gambe cresciute sopra i miei occhi
gonfiavano nuvole
la pelle profumava come sotto la pioggia
da sempre
è asciutto il tempo che secca le parole
non ricordi ciò che io ricordo
c’è una forza che mangia gli abbracci
la stessa che abbellisce i rami d’inverno
ho guardato quei grandi alberi
assomigliano a corpi fatti di braccia
conoscono le geometrie umane
per crescere cambiano strada, sviano
abbracciano la terra con l’ombra.
2
Come glicini che aprono ai lati
su ampi sterrati, pensandoti
con me, parole ariose
le tue mani dietro al bicchiere
frizzano molti giorni di sole
nei tuoi occhi
come musica sbocci
parli e sbocciano
ai lati come glicini,
uscite antipanico.
La prossima volta
La prossima volta scegliamo un film giusto
con la luce che illumina le braccia
seduti come in un decollo,
mettiamo in ammollo due o tre anni
come una tisana da buttare via
il tuo viso non dovrebbe mai essere così stanco
c’è stato un momento in cui eravamo padroni degli acrilici
quel quadro appoggiato al muro
voglio pensare che non si asciughi mai
quei regali mi mettono malinconia
basterebbe un film giusto,
quindici pollici, cento mani
carezze sui polsi
diventiamo bestioline ferite
lontani, ci feriamo nelle stesse strade
la felicità di un gelato al pistacchio di bronte,
in quel paio di scarpe nuove
che hai riposto nell’armadio
ho visto la tua felicità nel velo di carta
come una cosa da avvolgere ogni giorno
la sensibilità che ci consuma
meriti le migliori creme per il corpo
e qualcuno che te le spalmi come una meditazione
la tua leggerezza di china e pentagramma
così lontana dalla code alle poste
e dalle firme per gli affitti
non meriti nessun mal di stomaco
la prossima volta scegliamo un film d’autore.
Denia
Denia colleziona orizzonti marini. Li fotografa quando le nuvole lasciano righe sullo sfondo. Poi ingrandisce le foto e le incolla attorno alle pareti della sua stanza, all’altezza degli occhi. E’ rilassante vedere il mare attorno, in un punto c’è il molo che si ripete due volte e dei passanti gemelli, e sull’angolo del muro una nave grigia che fa una piega strana.
-Muovi le braccia, che la foto deve venire burrascosa. – Quel giorno dovevo fare la palma da cocco e avevamo legato alcuni cocchi insieme. Li indossai con una cordicella che passava dietro il collo. Sembrava mi nascessero da sotto le ascelle e sul petto erano tette picassiane. Saltellai a braccia aperte.
-Vieni a vedere! E’ uscita strana, una questione di prospettiva, più che una palma sembri una gru, meglio così. Urbanizza! – Disse stropicciandosi le dita dei piedi. Mi tuffai sul letto tutto cocconato. Quel’”urbanizza”detto in quel modo era come l’effervescenza che esce da una birra di marca, appena stappata, quelle al triplo luppolo trappista.
-Sei luppolosa- Le dissi. Lei mi grattò la testa come un cocco.
– Anzi no! Sembri un cocconauta, sul mare Fecunditatis della luna.- Disse entusiasmandomi. Li aveva studiati tutti i mari, anche quelli di pianeti lontanissimi.
-Dove si trova il mare Fecunditatis?- Chiesi. Lei gonfiò le sue guance e fece la faccia a palla poi buttò fuori l’aria.
-Supponendo che la mia faccia sia la luna, qui, sull’occhio destro. – Chiuse la palpebra con l’indice. Lo so che è troppo stucchevole ma come facevo a non baciarle l’occhio? Su quel mare rosa e con onde cigliate.
-Quali altri mari esistono sulla luna?- Sussurrai con un nodo marino in gola. Iniziò con il Nectaris, e poi Il Frigoris, e capite che sono cose che non si sentono tutti i giorni, erano parole con una risacca finale, e fui rinsaccato con tutti i cocchi. Mi naufragai su di lei. Feci una confusione di mari, ne uscì uno nuovo che sorrideva.
Ci si attrae
Una foto
Si sono baciati vicino a me
ho chiesto a loro se potevo fotografarli
e quel bacio l’ho riconosciuto
era di quelli che sfocano i passanti
quelli che sfocano il presente
quel punto della città
lo ricorderanno in futuro
Torino ha tanti punti così
si sta ringiovanendo sempre di più
ci sono impronte di baci nei portoni barocchi
e ci si bacia anche senza baciarsi.
Nella fotografia i loro volti sono sfocati
non era il loro volto che dovevo mettere a fuoco.
La sinossi di un’ombra
Ci sono tanti oggetti
che servono per portarne altri,
il portasapone, il portapenne,
i sacchetti della spesa
e tutti questi portatori di cose
hanno il compito di accogliere,
contenere, conservare
fare ordine.
Si sono creati capolavori per contenere uomini,
o misteriose tombe etrusche
le tele, la carta, la pietra,
sono serviti per contenere l’arte
per millenni
un marmo era incinta
di una venere e nessuno lo sapeva.
Quel che si è destinati a contenere
può essere una cosa inattesa
un lampo di genio e scopri ciò che hai dentro
sotto, di fianco, sopra.
Ma in alcuni frangenti le cose sono capovolte,
il nostro fuori è così autentico
da contenere il nostro dentro
e in quel dentro c’è l’universo.
Questo giustifica i gorgoglii di stomaco
e altri strani fenomeni elettrici
e anche un certo silenzio.
Giustifica anche l’assenza di parole
adatte per descrivere un volto,
la timidezza e quei
sentimenti per cui ci si sente
attratti, e pronti a prenderne forma
in modo così umano e anarchico, amando
l’intera creazione, dove il tempo è una scimmietta che suona i piatti.
girandola al vento
Sei una girandola al vento
hai così tanti colori, che fanno bianco,
passa nelle tue mani
un freddo che asciuga
le tue dita su un cornetto
sembrano posate su un cuore che frantuma
certe promesse ora son briciole, voli di passeri.
Vorresti qualcuno che fermi la ruota, che scopra il colore
che abbini al silenzio
Il tuo talento.
Di quanto blu sei fatta
oltre lo smalto e le vene
quanto blu ha il tuo sapore.
Quanti cassetti hai riempito
di cose che sento
macchie che profumano
di ordine nel tempo del caos.
Certi vestiti hanno ancora canzoni,
e tu giri nel vento come un vinile,
la puntina è un chiodo di seta, arrivare all’isola dei tuoi baci
dovrebbe essere un viaggio diverso, un percorso su una strada sottile
non come un bicchiere che cade senza mai ricomporsi