Month: marzo 2016

si può solo imitare l’assenza d’un non sapere

Dicono che di alcuni colori, vi sono solo alcuni campioni al mondo

terre e ossidi a cui fare riferimento

E che non producono più certi blu o bianchi

per via dei componenti pericolosi

quindi si possono solo imitare certi colori dell’800

si possono imitare certi uomini che hanno vissuto code di tempo

che hanno lasciato flebili tracce.

I vecchi giardinieri, il taglio dei bossi nei labirinti

si può solo imitare l’assenza d’un non sapere puro

dove il sogno era a pochi passi

oltre un muro, quasi tutto intuire

ed io ho vissuto la coda di certi tempi

la coda di mio nonno, di mio padre

delle strade di pietre che finiscono nel muschio

e poi del riso di un vino,

la sacralità del gelato della domenica

l’odore delle scarpe a lucido

l’assenza dei televisori

perfino dell’acqua in casa

il mondo amplificato da una piccola radio.

In quel tempo tutto ha voce di stelle e notte

In città non c’è rugiada

la notte è il giorno dell’anima

ed ora i display, sono così accecanti.

 

 

Sei quello che si scrive nelle poesie più belle

Panni-stesi-al-sole

ma tu non lo sai

e non sai che emani così tanta bellezza

che mi appanni gli occhiali

ti esce come pioggia dai pori

fai diventare ciliegi in fiore

anche i pali della luce, i corrimano dell’autobus

con te dovrei usare

una spazzola tergibellezza

e invece mi faccio imbiancare

riempire di te

accolgo sciami di api e mi faccio fecondare

perché con te anche io divento un ciliegio

i miei organi diventano rami e foglie

il cuore,  le labbra, i miei occhi

solo ciliegie di diversa grandezza

se mi dovessero spremere

con un estrattore a freddo

uscirebbero settanta litri di succo rosso

e qualche chilo di ossicini e piccioli

buoni per tisane

e questo solo perché ora è stagione di ciliegi

ma dopo mi riempiresti di albicocche, di pesche

pere, e poi di parole

mi riempi di belle parole

anche se non le dici

mi viene da scrivere alberi di parole

io questi frutti so darti,

le puoi usare come credi

mangiarle, spalmarle, farne vestiti

le puoi cogliere fresche

mentre le formi in me

con fili di anima

stendi i tuoi  baci come panni al vento

tra un balcone e l’altro

in  una via ventosa.

Ho capito che la mia anima gemella è la pioggia

Ho capito che la mia anima gemella è la pioggia

ho provato a baciare la pioggia e non si tira indietro

mi scroscia addosso con impeto, mi desidera

solo che come faccio a portarmi la pioggia in casa

per fare tutte quelle cose intime?

A parte che da quando ho capito che la mia anima gemella è la pioggia

piove poco. Pioviggina al massimo,

allora ho escogitato sistemi alternativi di amore

uno è quello di avere un materasso gonfiabile

pronto per l’occasione,

solo che tempo di scendere trovare un luogo appartato

e gonfiare, ha già smesso di piovere

e allora mi rotolo nel prato faccio l’amore così

con i baci umidi che la mia amata lascia sui fili d’erba.

A volte mi sporgo pericolosamente dal balcone

quando viene un acquazzone

per fare una sveltina, e prenderla tutta in faccia

o scendo nel cortine e mi spoglio in un angolino

e lei fa la schiuma e poi sparisce nei tombini.

Biricchina!

Si fa desiderare, mi manda le nuvole passeggere

lo so che lo fa per me, con quella pelle bianca e nuda

che mai potrò toccare, mi suggerisce anche cose sporche

tipo facciamolo nel fango nelle pozzanghere.

Ebbene si, faccio l’amore con le pozzanghere

“per le strade che rientrano agli erbosi”

E torno a casa mezzo felice,

che poi la pioggia sparisce,

sto pensando di comprare casa senza il tetto

o un attico, ora che arriverà l’estate e i temporali

sarà un colpo di fulmine ogni volta

mi troverà già pronto in accappatoio

e del vino, che la pioggia disinibita

si trasforma in tempesta

e a colpi di grandine mi lascerà lividi dappertutto

e avrò le prove! Guarda che succhiotti mi vengono

quando piove!

la poesia ha tolto l’intimità non c’è quasi più nulla di intimo

Devo cambiare occhiali,
lo devo per i miei occhi
è tutto così appannato
che mi viene da pensare che quando arrivano a casa
posano la faccia e il cuore nei vari posatoi sagomati
quello che vedo è appannamento
l’amore è all’appannaggio
delle persone appannate
c’è più virilità nella poesia che nel viagra
puzza di testosterone
è dopata
ho paura dei poeti
e anche di chi li legge
farebbero a pezzi il mondo a parole
quanti big bang, bombe atomiche
si pompano le cose fino a farle scoppiare
e perfino i fiori ora mi sembrano pop corn
era meglio il porno
forse per rientrare in qualche antologia
tra i primi dieci, i primi cento,
la poesia è uscita dalla poesia
si è spoesiata
non ho nemmeno più voglia di baciare
per questa sorta di dopazione
la poesia ha tolto l’intimità
non c’è quasi più nulla di intimo
immagino Bukowsky impazzito
con i suoi denti da leone
spolparsi una fanciulla
e tutti ad applaudire
perché è stata una bella poesia
o un fegato con la cirrosi pieno di poesia
nelle mani di un anatomopatologo
da conservare nella formalina per le future generazioni
con ammonizioni del tipo
la poesia danneggia te e chi ti circonda.
Devo cercare un posto senza poesia per innamorarmi di nuovo,
e cambiare occhiali.

Ciglia lunghissime

Sonia aveva ciglia lunghissime già da bambina, quando ci incontrammo, mi spiegò la faccenda.
-Me le taglio, se le faccio crescere sembrano ventagli, sembra che siano finte e mi atteggi a diva.-
Mi aveva fatto vedere alcune foto in cui le aveva normali, erano come sottili rami setosi, avevo immaginato dei piccolissimi uccellini saltellare sulle sue ciglia, e ogni suo bacio sarebbe stata una carezza sulla faccia. Se ci fosse stato un bacio, perché non l’avevo ancora baciata. L’acqua frizzante nel bicchiere creava belle bollicine. Avrei voluto abbracciarla in quell’effervescenza, in quegli abbracci che alleggeriscono e sembra di pesare di meno in due.
– Quando si allungano troppo, si stropicciano e devo pettinarle, se piove si curvano verso l’alto e mi coprono la fronte. Ah! una volta si sono agganciate agli occhiali di uno sconosciuto, era stato imbarazzante, sai quando si balla, non si fa caso alle distanze.-
Avevo immaginato di baciarla sotto la pioggia, protetto dalle sue ciglia, le avrei baciate piene di pioggia.
-Le mie ciglia al naturale, sono sensibili come le vibrisse dei gatti, riesco a camminare nel buio quando sono lunghe, e sento di più le persone, di più la nostalgia, la felicità, o l’oscurità, per cui ora sono mezza cieca.-
La osservai e nei suoi grandi occhi neri, la immaginai su una spiaggia, mano nella mano, le sue ciglia lunghissime mosse dal vento, e poi un soffio di vento più forte, da farci prendere il volo come aquiloni e a ridere sopra i tetti, tenuto dalle sue mani senza paura di cadere.

Ho mangiato ciliegie sopra enormi ciliegi

Ho mangiato ciliegie sopra enormi ciliegi
mi arrampicavo ero in continua ricerca di tane
ricordo di essere entrato dentro una mietitrebbia
sotto la tettoia, spenta da ogni motore
e quindi sicura pancia di balena campagnola

sazia di grano, solo l’uomo avrebbe azionato il meccanismo
e interi campi di grano rasi al suolo
con la giusta fantasia diventava nave spaziale.
Avevo paure tangibili, come i cinghiali
si diceva delle madri cinghiali che erano pericolose

ma nulla era più pericoloso della paura
o quasi, qualcuno nelle rotoballe ci finiva
e cose simili,
in che cartone animato ero finito
molto più sicuro un appartamento

e scoprire il tuo corpo adolescente sotto il letto
con il tuo profumo di gatta,
hai guidato le mie mani verso la prima donna
e il mio olfatto, mentre i grandi erano a riposo
con le loro macchine

mi avevi detto fai finta di inchiodarmi al muro
ti eri fatta cadere la chiave del bagno
tra i seni,
-ora prendila come in happy days-
ti facevi spiare dallo spioncino del bagno
quel ciuffo nero, avevi solo un anno in più
sembravi Lamù, e a casa tua
mangiavamo cose sott’olio
mentre tua madre rideva
e tua sorella aveva messo poster di Renato Zero dappertutto
una sorcina, profumavi come il tuo gatto Tobia
la mia faccia sul tuo fondoschiena
poi è passato il tempo come mietitrebbia
a radere al suono la prima primavera.

mi specchio nei volti più che negli specchi

Ho perso il mio volto

non riconosco lo specchio come superficie obiettiva

mi specchio nei volti più che negli specchi

gli animaletti sanno quel che sono più che le persone

ho visto così tanti bei volti da averne la nausea

mummie ottuagenarie

ci deve essere un giorno in cui perdi la faccia

la faccia non sono io

mi nauseano le facce degli attori

dei preti, dei santi, preferisco quelle degli zingari

quelle dei cani, dei bambini

bacheche con teste mozzate

denti in vista, ma non cambiano molto le facce

dalle altre facce,

il colore dei capelli, come scimmie

sento uno specchio interiore

e a quello mi affido

c’è stato un giorno in cui il mondo è andato in frantumi.

è troppo facile parlare del mare

Sembra a volte in posti dimenticati

di venir cercati da parole

dove l’uomo si ferma ai selciati

sembrano questi luoghi

destinati più all’ombra che alla luce

reclamano anche loro  magia

è troppo facile parlare del mare

ma di un sottoscala? Di una cantina

di una stradina piena di pattumiera

certi posti sono spiagge paradisiache

con un brutto vestito

e queste parole bambine,

che nessuno ha fatto crescere

mi abbracciano, vogliono una fotografia

hanno l’odore della poesia

di una innocenza pulita perché sporca

così a volte mi siedo, e le attendo

si mettono in posa, sorridono

ti aprono l’anima.

 

Sei così bella, che se t’affacci tutta in me, dico nuda, potrei sentirmi male

Come ti chiami?
Tu che t’affacci così e mi richiami
a una bellezza che si piega e parla
potrei cogliere dalla tela i girasoli di Van Gogh
se continui a guardarmi così
che è solo sguardo, ma l’arte risveglia
sei la venere del Canova
e io non pareggio con Marte,
sono più affine a Mercurio
ti va bene Mercoledì?
Sei così bella, che se t’affacci tutta in me,
dico nuda, potrei sentirmi male
ti va bene se ci vediamo
in un posto vicino al pronto soccorso?
Non sono più abituato,
possiamo fare l’amore nel bagno del pronto?
Lo so che è stupido, ma sei troppe cose insieme
che mi manca l’aria e il cuore.
Posso offrirti un caffè alle macchinette?
Devo riprendere confidenza con le tette
in mezz’ora tutta intera,
cerca di capire
è come parlare con Caravaggio in persona
una sindrome di Stendhal alla seconda
sei come il Louvre tutto assieme.
Non dovrei capirci un cazzo di arte
E di bellezza, per fare l’amore con te
e invece tremo e sudo
ho le mani fredde, e prima di essere uomo
devo dimenticarmi di tante cose
possiamo vederci per un mese prima di fare l’amore?
Per stemperare tutta questa bellezza
ti prego, prova a farti più brutta
ma è impossibile, saresti bella con qualsiasi cosa
anche con la barba, potrei chiudere gli occhi
potrei tenerti la mano per un’ora la prima volta
a piccoli passi, una tua mano appena
dove vuoi tu.