Tra il rompere il ghiaccio e il rompere i coglioni c’è un confine sottile. A volte esco con un piccone per facilitarmi le cose, siamo cubetti di ghiaccio, piccoli monoliti che si trascinano e bivaccano o trivaccano seduti per passare il tempo. Quando finalmente rompi il ghiaccio si finisce a parlare di traumi, escono come funghi i traumi. A un mio amico gli crescono dei frutti strani sul corpo a causa dei trami, sono cresciuti dentro di lui come una pianta, e quando ci vediamo per un aperitivo si stacca queste specie di noccioline psicosomatiche che gli crescono sulle braccia e me le offre, hanno il sapore tra il pollo ai ferri e la banana fritta, per amicizia butto giù con l’acqua come pastiglie di augmentin, e lui assorbe i miei e così rinsaldiamo l’empatia. Almeno lui butta fuori, altri tengono dentro. Se dovessimo pesarci a traumi, peseremmo come montagne. E tutto uno scambiarsi di sindromi traumatiche mai risolte del tutto, più che rompere il ghiaccio bisognerebbe rompere il trauma, non è l’amore che ci unisce ma un trauma antico che ci rende tutti simili, fratelli siamesi staccati solo apparentemente dal corpo-trauma. Io ho paura di avere rapporti intimi, mi sono stufato di avere a che fare con tribù di traumi, se non escono subito, escono dopo, ma escono, le madri, i padri, i fratelli, gli amici, gli ex, la scuola, le malattie, i traumi delle vite passate, non se ne esce più.Però se al trauma togli la u, rimane la trama di un gioco infinito, spaventoso e bellissimo.
Sono rimasto incantato davanti a tanto valore, mi hai fatto notare ciò che mi sarebbe sfuggito. Il finale di “trama” mi ha preso addirittura alla sprovvista. Non ti prendo in giro dicendo che il linguaggio usato è quello formale e delicato, ma questo testo rappresenta la verità, dura e cruda della vita
Grazie Federico!!
Nulla, se vuoi passa a vedere il mio blog