Sonia aveva ciglia lunghissime già da bambina, quando ci incontrammo, mi spiegò la faccenda.
-Me le taglio, se le faccio crescere sembrano ventagli, sembra che siano finte e mi atteggi a diva.-
Mi aveva fatto vedere alcune foto in cui le aveva normali, erano come sottili rami setosi, avevo immaginato dei piccolissimi uccellini saltellare sulle sue ciglia, e ogni suo bacio sarebbe stata una carezza sulla faccia. Se ci fosse stato un bacio, perché non l’avevo ancora baciata. L’acqua frizzante nel bicchiere creava belle bollicine. Avrei voluto abbracciarla in quell’effervescenza, in quegli abbracci che alleggeriscono e sembra di pesare di meno in due.
– Quando si allungano troppo, si stropicciano e devo pettinarle, se piove si curvano verso l’alto e mi coprono la fronte. Ah! una volta si sono agganciate agli occhiali di uno sconosciuto, era stato imbarazzante, sai quando si balla, non si fa caso alle distanze.-
Avevo immaginato di baciarla sotto la pioggia, protetto dalle sue ciglia, le avrei baciate piene di pioggia.
-Le mie ciglia al naturale, sono sensibili come le vibrisse dei gatti, riesco a camminare nel buio quando sono lunghe, e sento di più le persone, di più la nostalgia, la felicità, o l’oscurità, per cui ora sono mezza cieca.-
La osservai e nei suoi grandi occhi neri, la immaginai su una spiaggia, mano nella mano, le sue ciglia lunghissime mosse dal vento, e poi un soffio di vento più forte, da farci prendere il volo come aquiloni e a ridere sopra i tetti, tenuto dalle sue mani senza paura di cadere.