Lo devo per lo stomaco

Ora sento lo stomaco chiudersi, e devo scrivere qualcosa
Lo devo per lo stomaco, per quel sogno che è partorito dentro
ed è cresciuto informe e scalcia.
Di questo amore che lascia le sue orme,
ed i colori dei tuoi occhi alla natura.
Mi sei mancata come una gatta nera
che fa le fusa bianche.
E ho visto quei rovi, fare i fiori e poi le more
una decina di volte,
non ci si può addentrare, se non si è forti
passo in mezzo a posteggi,
a macchine infinite dove scalda il sole
se fossi libero mi butterei sotto a un tir
questa solitudine mi ama troppo
amo ciò che odio
non sono libero di odiare così tanto
Il bianco della natura.
E’ un teatro inutile,
la natura è intoccabile
ci sono boschi mafiosi,
omertosi.
Cosa baratto con gli alberi?
Non parlano, non consolano
Conosco la puzza degli uomini,
le loro feci lasciate in quei parcheggi
o preservativi rossi o bianchi,
non è inferno essere così stanchi
davanti a tutto questo bene?
Che passa sottile, e brucia i giorni
e i ricordi, mentre vicino a te
chiacchierano e ridono
e a volte si uccidono.

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