Da bambina Giuditta, al posto di ritagliare un ritaglio di fumetto, aveva ritagliato un ritaglio di tempo. Però non lo sapeva che era tempo, e così lo mise insieme ai pezzi di fumetti che aveva ritagliato. Con il tempo, il tempo ripassò altre volte sotto le sue forbici. Aveva ritagliato così tanto tempo da avere accumulato circa un’ora. Quando se ne accorse, aveva ottanta anni, prese uno di quei ritagli bianchi lo posò sopra gli occhi. Si ritrovò a dodici anni, a rivivere due minuti con i suoi genitori. Durante quei due minuti, aveva pianto e riso dalla felicità, non era riuscita a dire una parola. Decise di attaccare tutti i ritagli di tempo assieme, ma erano tutti bianchi, e quindi era impossibile metterli in ordine cronologico. Li raccolse in una specie di bobina, bevve qualche sorso di rum. Posò il primo ritaglio sopra gli occhi, e poi il successivo, saltò decenni, due minuti in pigiama nella luce ancora soffusa della mattina, e poi una litigata con suo marito, che non ricordava perché l’aveva ritagliata, un film alla tv in una giornata noiosa ma a riviverla si accorse che era fantastica, e poi ancora bambina. Un ritaglio era fatto solo di baci, rimase a occhi chiusi, ma dalle foglie secche sotto la schiena, e il sapore delle sue labbra, si ricordò di Antonio. In quei dieci minuti fece una cosa che non aveva mai avuto il coraggio di fare. L’ora passò in fretta, l’era rimasto solo un ritaglio di tempo, decise di lasciarlo per ultimo, per un giorno lontano, in cui avrebbe avuto a mala pena le forze. Senza fretta, andò in bagno e si truccò come non faceva da anni, e poi uscì di casa.