Guido e Glenda erano entrati nella sala del cinema, la sala era ancora buia e Guido accese il cellulare per farsi strada tenendola per mano. Sala vuota, ci si poteva svaccare, sprofondarono nel sedile rosso e allungarono i piedi, il film parlava di cavalli in corsa, due ore di cavalli selvatici in corsa. Una cosa sperimentale, con una poesia lunghissima letta in sottofondo. Il film iniziò con lo schermo buio, una voce maschile e cavernosa iniziò a leggere la poesia, un piccol…o foro al centro dello schermo cominciò ad allargarsi. «Sono parole prive di significato, il loro significato è il non significare nulla, secondo questo poeta la semantica ha rovinato la poesia stessa». Sussurrò Glenda. Lui si schiacciò forte la base ossea del naso, non ne capiva il senso, il culo bianco del cavallo in corsa gli faceva venire da ridere, tutto così a rallentatore poi, seguito da piccoli frame in cui correva velocissimo. L’inquadratura si allargò su una distesa di acquitrini azzurri e fiori gialli, e questi cavalli in corsa visti dall’alto, decine, centinaia di cavalli bianchi. «Guido è meraviglioso vero?». «Stupendo!». Rispose mordendosi l’interno della guancia, ricordandosi di quanto è sensibile la mucosa della bocca. Morsicò altri punti della mucosa, per il sapore aspro che ne usciva, seguito da un impercettibile rigonfiamento. A un tratto lo schermo del cinema cominciò ad alzarsi. «Come in un planetario, fighissimo». Disse Glenda sorridendo. Anche i loro sedili cominciarono a reclinarci verso l’alto, assieme a tutta la pavimentazione, «Sembra di essere sullo Shuttle!». Disse Guido sentendo la sua schiena premere sempre di più verso la poltrona. I cavalli continuavano a correre e quella voce smise di formulare parole compiute, per creare solo suoni gutturali, una specie di rantolo seguito da suoni di foresta. L’inclinazione stava procedendo inesorabile, erano quasi a 90° gradi quando Guido si girò verso Glenda, lei continuava a masticare cicles, posò la sua mano sudata nella sua. «Ma che schifo!». La tolse subito. L’acqua degli acquitrini cominciò a cadere a secchiate sui loro corpi, i cavalli smisero di correre per aggrapparsi con gli zoccoli alla loro terra. Qualcuno cominciò a scivolare dallo schermo e scivolò fino in fondo alla sala. Guido non aveva più parole, Glenda si stava pulendo la faccia con un fazzolettino. «Ne vuoi uno?». Guido pensò fosse la fine, sentì l’acqua fredda degli acquitrini passargli sopra i piedi. Poi un rumore d’ingranaggi meccanici fece fare uno scossone a tutto il cinema, il meccanismo cominciò a girare al contrario, e lo schermo iniziò ad abbassarsi, così come le poltrone, la voce profonda del poeta narrante ricominciò a fare versi e poi a ripetere la frase “l’esodo biblico non si arresta a costo della morte”. Alcune maschere nere, cominciarono a battere le mani, e i cavalli passarono ai lati del corridoio rientrando nel film. Glenda applaudiva. «Capolavoro assoluto!». Guido le rispose che al cinema con lei con ci andava più.