Ho accarezzato la pelle di Viola sempre di notte, di notte ogni pelle è scura, non c’è razza e anche la misura è affidata all’arte del tatto. Gli accordi erano questi, trovarci di notte in qualsiasi casa a disposizione.
-Al chiaro di luna invecchiamo più lentamente, al buio è ancora meglio, sembriamo sempre uguali- Mi disse una volta dopo un violento attacco di baci a morso. E poi i baci nel buio, hanno più profumo e certe attenzioni in certe parti del corpo ti fanno sentire sospeso alle dita di chi ti desidera, alla sua bocca, alla sua lingua, al respiro.
-Se ci amassimo alla luce del giorno, tutto questo chiarore che c’è in noi sarebbe come un oggetto, avrei paura di romperlo e non trovarci nulla.- Mi aveva detto Viola mentre stava venendo mattina, e volevo continuare a stare nel letto con lei. Ma non era solo contatto, era anche assaporare le stesse cose al buio, un bicchiere di acqua e mandorle, del vino scadente o delle noci, barrette di cioccolato. Mangiavamo tra una tuffata e l’altra nel barlume caldo dei nostri corpi, di notte la carne diventa forma pura, fa meno paura. Spremevo quei piccoli seni di vaniglia fino a quando sapevano di me, il loro lento riappropriarsi della propria essenza era magia. Come per lei sentire il suo sapore nella mia bocca, o osservare assieme un quadratino di stelle da una finestra, i contorni del suo volto che la luna o i lampioni mi regalavano, ed i rumori dei nostri corpi nel silenzio. Ci siamo accarezzati con battiti di ciglia, nel buio la pelle è meno spessa. Ci dicevamo anche tante cazzate, per ridere, per stanare il riso dal nostro corpo, farlo uscire a sciami, o come corse di piccoli conigli. Fino a ritornare nelle nostre tane, ai nostri sbadigli.
Così Viola è stata per molto tempo la mia donna della notte, ed io il suo notturno