Mangio pinoli per quell’effimero sapore
che non riesco a capire
m’ingrasso di solitudine,
in una parentesi aperta sull’infinito
non sono nel tuo ciclo,
nel tuo meravigliarti
che rende una posa in opera quotidiana
e semplifica la scelte delle cose da buttare o tenere.
Tengo tutto, fino a quando mi stufo,
ingravido sogni
ma non so farli partorire.
Mangio pinoli, foreste al loro seme.
Conosco bene le cose nel loro seme,
sono il gallerista di me stesso
non mi desidero abbastanza
da farmi desiderare.
Evidentemente qualcuno ha sbagliato il nome,
sulla targhetta, su un titolo, su questo libro.
Lavoro su commissione di me stesso,
sono fuori dai cicli,
dai concorsi,
dai dibattiti,
ciò che è anima lascia un’impronta
sono circondato da impronte
a cui devo dare un nome
prima che il mare o il cielo
o chi per essi
le faccia scomparire.