La sua pelle produce fruttosio,
in estate quando va ai prati a cercare di finire la tesi,
lascia canali accesi, ed io divento un bombo
e volo attorno ai suoi ascidi appesi
come ampolle nell’aerea sua veduta
-un piccolo confine-
come è tutto quello che fa piacere osservare,
ad esempio:
l’ordine dei peli sul pube,
le ossa che spuntano e arrotondano la pelle
senza spaventare.
I tagli orizzontali, della bocca e degli occhi,
così simili a piccoli orizzonti,
o quelli verticali, tra le natiche
le gambe o le dita
che dal basso della terra e dell’alto del cosmo
creano un baricentro sospeso.
Lei odora di nepenthes,
una pianta carnivora dai bordi slabbrati al nettare,
ed io come un bombo vi cado dentro
e sono sospeso come il suo cibo nello stomaco,
sospeso come le donne quando pisciano
tra le macchine,
come la fetta di lime nel moijto,
o una linea di sudore che non s’avverte
ed è già spore, un colloquiare di anime.
Ci si feconda molto tempo prima,
di aprire bocca.
Non vedo l’ora che arrivi il caldo
ed uscire per entrare.