La sindrome della kappa

bbc

Una volta ero così messo male che ho avuto una relazione con una panchina. Ero lì per un appuntamento vero, sbracciato al sole di giugno osservavo il ponte sul fiume in sekka , doveva arrivare da lì “Kappa”, una ragazza che avevo soprannominato così perché metteva la Kappa a iosa, nei nostri messaggi.
-Kazzo, Skusami mio nonno è Kaduto a kasa dalla skala a kiocciola, e Kredo Ke dobbiamo rimandare l’inkontro.-
Lessi il messaggio e poi allungai il braccio sulla panchina di legno, chiusi gli occhi per decifrarne le scritte con i polpastrelli, avevo imparato il braille da autodidatta. Sul fiume intanto arrivò un pesce talmente grosso che si incagliò sotto il ponte. Me ne accorsi perché agitando la coda aveva spruzzato l’acqua su tutto il quartiere e quindi anche sulla mia faccia.
-E’ un Kapodoglio gigante!- Urlavano i passanti. Arrivarono i pompieri a disarcionare il pescione, ma io rimasi ad akkarezzare la panchina, e lei mi akkarezzava, mentre altri kapodogli giganti arrivarono dalla foce del fiume incagliandosi uno sull’altro. Era come un immenso treno, ma ogni vagone era un Kapodoglio.
Si formò una folla, arrivarono i giornalisti.
-Senti , devi sgombrare la pankina, per precauzione- Disse una voce femminile in controluce.
– Ma io non ho paura dei kapodogli e neppure degli sgombri- Risposi.
-Neppure io sono qui per cercare di salvarli.
-Ed io sono qui per kaso, tu credi al kaso?
-Io no.
-Questi Kapodogli, hanno fatto un giro immenso per arrivare qui e farci incontrare.-Le dissi.
-Non è possibile, qui non c’è il mare, qualcuno deve averli liberati.- Le chiesi come si chiamava.

-Senti Katia, facciamo un esperimento: Allora tu vai dall’altra parte del fiume e arrivi qui, e ti siedi e mi abbracci.
-Ma c’è una folla immensa ed il ponte può crollare, per la spinta idraulica di tutti quei capodogli panzosi.
-Allora stai seduta tu qui, faccio io. Se non funziona amici come prima ok?
-Ok-
Mi spinsi tra la folla sul ponte e poi facendo finta di nulla, camminai verso katia, mi sedetti accanto a lei.
-Ora dammi la mano… i capodogli devono credere che ci amiamo davvero – sussurrai. E lei mi diede la mano.
-Ora dammi un bacino sul viso.-
-Mi sento tutti gli occhi dei capodogli addosso-
-Eh lo so! Ma fai finta di nulla, credici.-
-Smack!-
Ci fu un applauso immenso, i capodogli battevano le loro pinne agitandosi di felicità, e poi sbattendo le pinne e le code si alzarono in volo oscurando la città per qualche minuto.
Ed io e Katia passeggiammo per la città, mentre la folla si smistava, ed il suo trucco si scioglieva sotto la pioggia.
-Sei proprio bella Katia- dissi baciando gli occhi sporchi di rimmel, della mia panchina.

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