Paolina

Paolina fin da bambina aveva una mano molto più grande dell’altra, ricordo che una volta, sotto la sua mano io e altri suoi amici trovammo riparo durante un temporale, ed un momento prima giocavamo tutti a palla avvelenata. Paolina quando ti salutava creava ombre grandi sui muri dei palazzi, imparò le ombre cinesi ed era meglio di stare al cinema, se poteva ti dava una mano in tutto, anche a farti usare le dita della mano come scaletta per il tetto piano dell’officina, quando i palloni vi andavano sopra. Poi per un po’ nessuno ebbe più sue notizie, sapevamo solo che studiava giorno e notte il pianoforte, qualcuno aveva visto un pianoforte con dei tasti grandissimi uscire da un camion. Nel cortile rimbombavano le note della sua musica classica, non ne sapevo nulla ma era bella come il silenzio, sembrava che fosse la sola cosa a spiegare i moti del silenzio. Poi durante un inverno, si sentì come un boato. Aveva sfondato mezzo palazzo con un pugno, ed era scappata di casa, sulla neve aveva lasciato le impronte della sua mano grandissima, in televisione parlarono di Paolina e del suo pianoforte, delle sue orme giganti, del fatto che era strana. La ricercarono per mesi, lei lasciava soltanto disegni a matita della sagoma della sua mano sulle facciate dei palazzi, tutti si chiedevano dove si nascondesse, e come facesse a delineare la sagoma della sua mano gigante senza l’ausilio di altre persone. Ed intanto la bambola Paolina con la mano che prendeva tutta la vetrina, divenne il giocattolo più richiesto dalle ragazzine e stranamente anche dagli adulti.
-Io con Paolina ci giocavo…si era simpatica, molto sensibile si…- Avevo detto davanti alle telecamere. Ma tutto era così assurdo; erano arrivati a fare lo schiacciamosche a forma della mano di Paolina. Anche la mia anziana vicina lo aveva comprato, “Da una disgrazia può nascere un business, guarda i santi, sono diventati banche!” aveva detto sorridendomi con la dentiera di dracula che aveva trovato nelle patatine. Ed infatti sul mercato comparvero altri gadget, e costruirono perfino un aereo a forma di mano, il diario di smemoranda a forma di mano, e mano della famiglia Addams ebbe una crisi d’identità, e cambiò sesso. Ma un giorno di primavera, quando mi ero già scordato di questa storia, sentii bussare alla porta e chi era? La mia vicina. Aveva bisogno del sale, però mi fece l’occhiolino e mi disse a bassa voce: “Paolina è sempre stata qui, ma non dirlo a nessuno, ho perso la chiave della sua stanza.”
“Ma Perché non mel’hai mai detto? E’ sequestro di persona lo sai vero?”
“E lo so,ma lei oh!… che dovevo fare? Pensavo stesse solo due giorni poi la cosa è sfuggita di mano, è nella stanza segreta, ma non trovo più la chiave, vieni ad aiutarmi che ha fame.”
Io questa cosa della stanza segreta non ci credevo, e comunque la chiave era nei suoi capelli. La mia vicina spostò la tenda e aprì una porta dentro a quello che credevo fosse un armadio a muro, una cosa senza senso, una stanza enorme di quelle belle che si vedono nei castelli, e sono entrato, vetrate, tappeti, e poi porte ed altre stanze.
-Oh ma tutte ste cose dove le hai prese?- Chiesi guardandomi attorno con la bocca aperta dalla bellezza degli affreschi, e mentre continuava ad aprire altre porte e ad entrare in altre stanze, mi disse di essere una regina, di non aver mai detto nulla per il fisco. Poi ci fermammo davanti a quel suono, che conoscevo bene, la sua musica.
-Paolina .C’è anche il tuo amico…possiamo entrare?
Lei era seduta davanti al pianoforte, di profilo, completamente nuda, i raggi del sole filtravano sulle sue spalle, con una mano si sistemò i capelli con l’ elastico, l’altra mano si era completamente fusa con il pianoforte, era diventata il pianoforte stesso.
-Ciao Andre.- Mi disse. Non sapevo se la cosa più imbarazzante era il fatto che fosse nuda e meravigliosa, o che avesse la mano a forma di pianoforte, ma ad un certo punto, mi disse: “Siediti qui, suona qualcosa per me…” E mi sedetti su di lei, e suonai i suoi tasti, e quel suono era come un respiro, ed era lei che stava suonando me, in un modo che nessuna donna aveva mai fatto, o detto, o compiuto, e poi dormii su quel pianoforte come se fosse stato un letto e lei dormì con me, come ci fossimo detti tutto.

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