La solerzia concupisce. A me viene da tacere, davanti a piccole macchie di primavera autunnale.
Mi viene in mente di ruttare, pisciare, annegare, fare l’amore come si deve fare.
Sarà! Ma ho visto anche un uomo morire davvero, qualche giorno fa. E per tutte le domande che mi sono posto nessuna risposta è vera quanto una boccata d’aria. Mentre quell’uomo moriva la vita pullulava, sonnecchiava, era l’urlo dell’OMH.
No,nessun rumore, ma solitudine da accarezzare perché non ruggisca. Cammino sul selciato, verso il mio posto di lavoro, dopo una settimana di mutua e tranquillanti, anche un tizio che legge la “repubblica” dentro la sua auto mi sembra un piccolo miracolo. Grassoccio, perbenista, o forse ingegnere, ci guardiamo per dirci che non ci guarderemo mai più.
Io so riconoscere i volti e le voci che mi amano,. Ci sono e rido, perché la serietà degli uomini fallisce nei sogni, ed i sogni hanno le palle! Altro che realtà.
Pace fatta, pace voluta. Pace ricercata.
Accarezzo un albero, tra un mese sarà pieno di foglie e odori, in questi angoli di strade desolate e parcheggi per orgasmi viziosi, stronzi notturni sciacquati dalla pioggia, i poeti passano in macchina, programmano serate, alcuni vanno a Parigi.
O forse la poesia si appollaia qui di notte, tra i mille avatar di un cervello scoppiato in un tempo remoto e che ha spiaccicato le stelle nel fondale nero. Non hanno tempo da perdere certi buoni, certi geni sensibili.
Ma quest’arte fatta e supposta, ha trovato strumenti a lei consoni: per dire, per fare, una dozzinale noia filosofica, dicotomie, ci sono le gare, ci sono i premi, ci sono vere possibilità di carriera e ammirazione, qualcuno si inventa perfino delusioni estreme, o amoretti da” tu mi ami, io ti amo, no non ti amo più”.
Ma io ti amo e non so. Mi sembra una presa per il culo, non oso dunque non sono.
Un enorme piatto di spaghetti, un’abbuffata, e zak! Se non stai attento ti piantano una forchetta nella mano.
“Io ho creato più di cento neologismi, Io ho fatto la presentazione alla poetessa Pulan, io traduco, io deduco, io traggo, io lo faccio l’artista di professione, io ho fatto gavetta, romanziere, drammaturgo, ho fatto teatro! Io non mangio come gli altri, ma sono un intellettuale.”
C’è un vuoto cosmico, e comico, basta un piccolo fuoco d’artificio e tutti guardano il cielo, per un giorno o due. Dimenticandosi che le stelle sono mute.
Copyright : Andrea Gruccia.